giovedì 7 aprile 2016

Io e il tango (ovvero: Una storia d'amore)

Un'altra ospite nel mio blog: è Giovanna Bettio. Qualcuno di voi forse ci ha ballato insieme in milonga, di cui è un'assidua frequentatrice. Qui ci racconta la sua storia d'amore con il tango, cominciata ormai qualche anno fa...
Leggiamola insieme.


Come ci siamo conosciuti

È ironica e felice l’amica e autrice di questo blog che mi ospita con un post semi-serio. L’ho conosciuta ormai quattro anni fa per lavoro e mi ha convinto in poche mosse a iscrivermi a un corso di tango. Mi piaceva la musica che mi faceva spesso ascoltare tra un comunicato stampa e l’altro. Mi piaceva sentirla parlare di quello che la emozionava del tango, mi piaceva vederla camminare. Così ci ho provato: per gioco mi sono iscritta a un corso per principianti.

I miei obiettivi?


  1. Riconciliarmi con il genere maschile, 
  2. andare oltre la mia zona di confort
  3. guardarmi nel profondo e, magari, migliorarmi.

Giovanna Bettio sorride in milonga
Il sorriso di Giovanna, foto di Juliet Astafan.

Com'è nato l'amore

Incredula di mettere un passo dietro l’altro, oggi ballo tango da tre anni e cerco di non lasciar passare troppo tempo tra una tanda e un’altra. Il tango è diventato quasi come la meditazione: corpo e mente, se viaggiano assieme, ti fanno percepire il sublime piacere dell’essere presenti e disponibili a vivere le emozioni che accadono in quel momento preciso. Dunque, che dire: sì, le mie aspettative sono state sicuramente rispettate... Ma vediamo come, punto per punto.

1. Riconciliarmi con il genere maschile

Ebbene sì, in quel momento della mia vita avevo bisogno di riconciliarmi con gli uomini. Questo  è successo, naturalmente nel tempo, grazie all’abbraccio.
All’inizio ero arrabbiata, molto. Mi ero fatta rubare l’anima in pochi mesi con una storia sbagliata e, con il tango, grazie al linguaggio del corpo, potevo finalmente dare fiducia e affidarmi; ma che fatica!

Ogni tanda è diversa perché siamo diversi noi stessi e il ballerino/a cui ci concediamo. C'è la tanda simpatica, la tanda imbarazzante, c’è quella emozionante, c’è quella rassicurante... e quella che ti mette alla prova (penso a un ballerino che ha molta padronanza della tecnica mentre magari voi non ne avete ancora), e ci siamo noi e lui con le nostre mille sfumature. Entrambi dovremmo unicamente desiderare di volerci rilassare nella musica. È il bello del tango e della vita, l’imperfetto!

A meno che non si tratti di un uomo che ha ballato tutta la sera e ha dimenticato un cambio di camicia a casa, non c’è alcun motivo per non farsi prendere da un abbraccio di cuore se vi affidate a chi sta di fronte a voi!
Se non lo conoscete e vi sentite messe alla prova, il mio consiglio è: concentratevi prima sul ritmo e, se nel frattempo riuscite a sentirvi rilassati, sulla melodia, se riuscite a entrare in sintonia con il partner.

Abbracciare con il cuore
Un abbraccio di cuore, foto di Sergio Scandiuzzi.

2. Superare la mia zona di comfort

Non posso dire come mi soprannominano le mie amiche di milonga, tra il divertito e l'incredulo. Diciamo che ha a che fare con le pubbliche relazioni. Questo perché - a detta loro - ho successo con i tangueri e riesco a ballare anche in situazioni "difficili"...
Io mi do questa spiegazione: sono dolcezza e empatia a permettermi di fare qualche tanda in più rispetto magari a alcune signore sedute accanto a me, che, pur più belle o brave, a volte non vengono invitate. La fortuna del principiante? Io non credo sia solo questo.
L’attenzione alla milonga, il sorriso (a volte sfacciato) e la voglia di ballare mi hanno spesso aiutato a superare la mia “timidezza” e le mie paranoie.

Ho scoperto che non sono l’unica che fa fatica a relazionarsi nel ballo: molti ballerini (parlo dei maschi perché ne ho avuto riscontro chiacchierando con alcuni di loro) spesso si fanno smascherare nella loro timidezza. A volte mi capita di percepire che sono piacevolmente sorpresi o, semplicemente, che si divertono/stanno bene, nella tanda.
 Da cosa lo capisco? L’espressione felice del viso e il silenzio sono quanto di più bello possa esserci, soprattutto se la timidezza non viene scambiata con l’imbarazzo che ci può essere quando si prova attrazione o voglia di abbandonare la tanda per la pressione emotiva che percepiamo dall’incontro con l’altro.

3. Guardarmi nel profondo (e migliorarmi)

Non mi reputo una gran ballerina e nemmeno mi reputo una “gnocchissima” come se ne vedono spesso in milonga, ma sicuramente non mi piace passare inosservata. Generalmente gli orecchini mi aiutano a non passare inosservata: ne indosso di grandi, dalle forme stravaganti e spesso colorati.
Inizialmente facevo fatica a pensare di indossare qualcosa di diverso da un jeans. Il jeans mi piace e lo porterei anche 6 giorni su 7, indipendentemente dalla situazione! Ma ho capito che in milonga anche l'occhio vuole la sua parte. Quindi, cerco di vestirmi in maniera femminile ma senza volgarità.
Ora cerco di prepararmi come se avessi un appuntamento importante a lavoro o se stessi per uscire con un uomo che mi interessa. Questo aspetto futile ha permesso di valorizzarmi e di scoprirmi carina indipendentemente da come passo agli occhi dell’altro.
Inizialmente mi sentivo osservata da chi rimane seduto, ma ora penso: chissenefrega se sbaglio, non è mica una gara a essere perfetti! Se sbaglio è perché non mi sono fidata e non ho saputo ascoltare come il tango insegna alle donne. Ed è proprio l’ascolto che mi aiuta a migliorarmi: nella vita si tende a accelerare, ma mettere pressione all’altro non aiuta.
Questa in effetti vale anche come regola di coppia!

Che cosa sto imparando dal tango?

Il tango mi è servito per dirmi: “Dai, muoviti, mettiti quella canottiera carina, truccati e esci” nei momenti in cui avrei solo voluto stare a casa in pigiama perché mi sentivo sola, brutta e stanca; il tango mi è servito per dirmi: “Rimettiti un po’ in forma”, quando proprio in forma non lo ero, e a consolidare la consapevolezza in me che si può arrivare alle persone senza per forza doversi conoscere.
Il tango mi ha permesso di rilassarmi, cosa che nella vita quotidiana fatico a fare, di vedere la gente avere voglia di vivere anche a settant’anni.


Che cosa mi emoziona nel tango?

La gratitudine nello sguardo di chi è di fronte a me.
L’emozione dell’abbraccio.
La sensazione che quello che vivi si modifica come tu ti modifichi.



Ringrazio le mogli e le fidanzate dei ballerini con cui ballo non solo perché sanno che il tango è un gioco e che, quindi, in milonga non si deve essere troppo gelose!
Ringrazio gli amici che mi ri-abbracciano volentieri e dedico questo post a un amico recentemente scomparso il quale ha lasciato un piccolo vuoto anche nel mio cuore.



Articolo di Giovanna Bettio.

Chi sono in sette righe e mezza

Digital addicted, empatica, determinata e periodicamente in crisi perché incontentabile. Ho studiato storia dell’arte per diventare marketer, così almeno mi vedo. Grazie alla formazione prima umanistica e poi economica, ho cominciato a interessarmi alla scrittura per il web e ai nuovi media prima per il turismo e poi per le scienze: le persone leggono, si confrontano, accedono a internet ovunque e i social network così come l'acquisto online sono esperienze quotidiane per milioni di persone oramai da qualche anno. Mi sono appassionata al web tanto da specializzarmi in comunicazione digitale e ora organizzo eventi. In valigia ho sempre qualche libro, una reflex e qualche cv di jazz e di indie-rock.

domenica 3 aprile 2016

Amsterdam sarà la nuova capitale europea del tango?

Per anni, la capitale europea del tango è stata Parigi. Questo primato, negli ultimi anni, le è stato conteso da Berlino, dove la scena tanguera è giovane e vivace. Un mio recente viaggio a Amsterdam mi ha fatto intravedere tutte le potenzialità di questa piccola e deliziosa città nordeuropea, che rischia di insidiare il primato delle altre capitali, se non per la quantità, almeno per la qualità del tango ballato.

Amsterdam è una città deliziosa. Capitale dei Paesi Bassi, ha una rete di canali lunga più di 100 chilometri e 800.000 abitanti, di cui circa 200 ballano il tango (tanguero più, tanguero meno).
Per questo, anche solo pensare che diventerà la nuova capitale europea del tango sembra un'ipotesi del tutto assurda.

E infatti, una settimana fa, quando sono partita per l'Olanda, ho infilato le scarpe da tango in valigia più per abitudine che per reale desiderio di ballare. Qualche anno fa ho frequentato per un po' le milonghe di Liegi, in Belgio, dove ho incontrato persone carinissime e simpatiche, ma che non brillavano per esperienza, tecnica e cultura milonguera. Ebbene, mi aspettavo che a Amsterdam fosse più o meno lo stesso.

Vista di un canale a Amsterdam, con biciclette
Amsterdam, di Claus Gerull, su licenza CC BY

In effetti, avevo sottovalutato Eike (non so come si scrive, ma si pronuncia "èiche"). L'ho conosciuto alla Reina di Bologna e ci ho ballato insieme circa tre settimane fa. Eike è un ragazzo ovviamente alto, ovviamente biondo, ovviamente con un sorriso da lasciare senza fiato. Eike è educatissimo, comunica di preferenza in un delizioso mix di spagnolo e italiano, è olandese e balla decisamente bene. Forse per la sua statura, però, non ho compreso appieno il suo potenziale (mea culpa, faccio sempre un po' di fatica con gli uomini alti visto che ho un abbraccio molto stretto).
In ogni caso, giusto perché sono pur sempre figlia di mia madre (per chi non conosce la Piera, questa affermazione valga "linguacciuta e senza pudore"), appena ho saputo che era olandese gli ho chiesto consigli sulle milonghe a Amsterdam, visto che ci sarei andata la settimana dopo per lavoro.
Lui mi ha detto di andare a Los Locos, il martedì, mi ha salutato gentilmente e è scappato, rifugiandosi nuovamente nel suo nordico riserbo.

Quindi, sono partita con le scarpe in valigia ma poca, pochissima speranza di ballare bene.
"Tanto sarò stanca dopo una giornata in fiera", mi continuavo a ripetere. "Tanto avremo mille cene di lavoro." (Ve l'avevo detto che sono andata a Amsterdam per lavoro, no? Perché ho un nuovo lavoro. Fatemi in bocca al lupo).

Fatto sta che martedì non c'erano cene programmate, e quando ho annunciato ai miei capi che avrei avuto piacere di andarmene per i fatti miei mi hanno detto: "Vai, vai" (uhm, me lo dice sempre anche mio marito, ora che ci penso: ma non è che tutti si vogliono liberare di me?).
Comunque, a quel punto non avevo scuse: bisognava andare a Los Locos.
La cosa bellissima degli olandesi è che, come tutti i nordici, mangiano presto, cominciano presto le serate, e poi le finiscono presto. Così al mattino sono freschi come delle rose per andare a lavorare, e la sera cominciano a ballare alle 19.30. Sì, avete capito bene: alle sette e mezza.
Io che sono nordica ma non così tanto, ho preso il bus, 20 minuti dall'appartamento dove stavamo, in zona sud, e sono arrivata alla milonga, comodissima e ben servita dai mezzi, sulle 9 e un quarto.

Suono, mi aprono, e nell'atrio trovo un signore di una certa età che si sta infilando le scarpe. Entro nella sala e - seguendo le indicazioni - vado al bancone per pagare l'ingresso (5 euro), e trovo Koos (si pronuncia tipo "khòs", con la h aspirata, anzi rantolata, quel bel suono tipico dell'olandese), gentilissimo come tutti, che mi dice con ariaun po' svagata di lasciare il cappotto nell'atrio dove c'è il guardaroba. Esco di nuovo, trovo il signore di prima che mi sorrido e mi dice: "Ci vediamo dopo".

Quando rientro nella sala, finalmente mi guardo intorno. Ci saranno circa 30 persone in tutto, 4 o 5 coppie che ballano. Mi colpisce subito il fatto che praticamente tutti siano abbondantemente sotto i 40 anni.

Mi siedo, un po' defilata, e osservo.

L'ingresso della milonga Los Locos, a Amsterdam
L'ingresso della milonga Los Locos, a Amsterdam

Finita la tanda, il signore del guardaroba mi si avvicina, lo guardo, ci invitiamo.
"Che fortuna!", penso appena lo abbraccio. "Ho trovato un Nonnino della Milonga!".

Si chiama Stan Lee, ha un abbraccio morbido come un cuscino e balla con tutto il cuore. Mi dico tra me e me che se pure non ballerò con nessun altro, la serata non sarà stata sprecata, per quell'unica bellissima tanda.
Ma appena mi risiedo, arriva un altro invito. Sempre con mirada e cabeceo. E ballo meglio di prima, con un ragazzo della mia età con un senso della musica pazzesco.
Mi riaccompagna al posto alla fine della tanda, mi siedo, e succede di nuovo la stessa cosa, altro invito perfetto, altra tanda meravigliosa con un altro ragazzo carino e bravissimo.

[Piccolo inciso: come gli uomini, anche noi donne siamo sensibili a bellezza e gioventù, soprattutto se abbinate a bravura e musicalità. Questo non significa assolutamente che non balliamo o non vogliamo ballare con tutti, purché garbati e profumati! In ogni caso, a me piacciono i mori con gli occhi verdi, ma devo dire che pure sti olandesi alti e biondi hanno il loro perché. Fine dell'inciso.]

La serata è proseguita in questo modo, senza sosta, con i ballerini che facevano la fila per ballare con me. E tutti con tecnica e cuore!
Ormai ero pervasa dall'entusiasmo, in pieno delirio da male ai piedi, tanto da farmi sragionare. Forse proprio per questo ho cominciato a farmi delle domande.

1. Perché tutti volevano ballare con me?

I miei parametri di bravura e bellezza sono assolutamente nella media (se non leggermente al di sotto, viste le bellissime, biondissime e leggiadre ballerine olandesi che costellavano la milonga).

2. Come facevano tutti a ballare così bene?

Ricordiamo che si trattava di una milonga infrasettimanale, dove notoriamente il livello è più basso rispetto a quello delle milonghe del weekend.

Mi sono data queste risposte.

Tutti volevano ballare con me un po' perché ero una faccia nuova, in un posto dove di facce nuove, effettivamente, non credo se ne vedano molte. Infatti, molti ballerini mi hanno raccontato che loro si spostano molto in giro per l'Europa, andando a festival e encuentros praticamente una volta al mese.
Probabilmente questo è anche uno dei motivi per cui ballano così bene e sono così bravi a interpretare lo spirito sociale del tango. Sono abituati a spostarsi, a invitare persone nuove, a confrontarsi con diversi stili di ballo e diverse culture, e soprattutto conoscono profondamente le difficoltà di entrare in una sala non conoscendo nessuno, non essendo nessuno.
Una delle cose che mi ha colpito di più, poi, è stata la mancanza di competizione tra ballerini e scuole di tango: l'atmosfera che si respira a Amsterdam è rilassata, il momento degli annunci (fatti con naturalezza solo in inglese, a beneficio mio che purtroppo l'olandese non lo mastico per niente) ha coinvolto chiunque avesse qualche evento in programma, e non solo gli organizzatori della milonga.


Santa Milonguita, a Amsterdam
Santa Milonguita, a Amsterdam

venerdì 1 aprile 2016

Questo mese niente milongario di aprile...

Questo mese, per cause di forza maggiore, sono costretta a non pubblicare il milongario di aprile.
Purtroppo impegni pressanti mi hanno impedito e mi impediranno di disegnare e realizzare il calendario più amato dai tangueri.

L'appuntamento è per maggio...


Pesce d'aprile
Beautiful Stranger, foto di Ryuu Ji, su licenza CC BY


Scherzo!

Come si fa, a saltare un appuntamento così importante? 

E quindi eccovelo qui, scaricatene e stampatene tutti: il romanticissimo milongario di aprile è tutto per voi!
La frase che ho scelto è di un grandissimo del tango, Enrique Santos Discépolo, figlio di un musicista napoletano emigrato a Buenos Aires. Poeta, compositore, autore e attore teatrale, lo ricordiamo - tra gli infiniti suoi capolavori, per Yira Yira e Uno, tra i miei tanghi preferiti, musicato da Mariano Mores.

Milongario di Raccontango di aprile


Come al solito, raccontatemi nei commenti se vi piace, come lo usate, dove lo attaccate!