sabato 18 settembre 2010

Nuove consapevolezze

Le mie vacanze non sono state, tutto sommato, molto tanguere. Cioè: ho ballato, sì, ma non in luoghi esotici (il fato mi ha messo i bastoni tra le ruote) né con gente esotica. Ho ballato molto con i soliti, che danno certezze, e mi sono concessa alcuni lussi: rifiutare di ballare, e scegliere i miei ballerini.
Ho fatto un patto in due punti con me stessa: primo punto, non rifiuto nessun ballo, se non conosco il ballerino, a meno di non averlo visto fare obbrobri davvero agghiaccianti in pista: può sempre rivelarsi una sorpresa positiva. E – secondo punto – mi concedo, ogni sera, almeno due o tre tande per guardare gli altri che ballano: questo mi serve per vedere l’andamento della pista, e per individuare i ballerini con cui mi piacerebbe condividere alcuni tanghi...
Per quanto riguarda il primo punto, devo dire che è il più difficile. Il mio animo enormemente misericordioso, che mi rende incapace di dinieghi e risposte secche, nonché il sottile timore (che è quello di ogni tanguera) di passare la serata a fare da tappezzeria, fanno sì che rispondere negativamente ad un invito a ballare sia davvero difficile. Anche se l’invito è stato un grugnito e magari era pure indirizzato alla mia vicina di sedia, che è riuscita invece a sottrarsi a questa schiavitù psicologica tipicamente femminile, e a rispondere di no, e è stato perciò riciclato a me. Ebbene, io posso dire, dopo lunghi allenamenti, di esserci riuscita: finalmente il mio “No, grazie” ha un’intonazione un po’ più naturale e riesco a sentirmi in colpa solo per una decina di secondi dopo averlo pronunciato (e non per l’intera serata, come accadeva prima).
Cos’è successo? Diciamo che alcune tandas disastrose hanno contribuito a convincermi della necessità di fare una selezione. Inoltre, se errare è umano, perseverare è da idioti: quindi perché costringermi a ballare più e più volte con ballerini con i quali non c’è feeling, se pure loro continuano a invitarmi? Infine, ho deciso che è meglio stare seduta mezz’ora in più, piuttosto che passare i dieci interminabili minuti della tanda a pregare che finisca presto quel supplizio...
Anche perché, quei minuti che passo seduta, li posso impiegare fruttuosamente osservando gli altri che ballano, e quindi le scarpe delle donne (ovvio!), ma anche i loro adornos, e poi gli uomini...
Finalmente, dopo oltre un anno di frequentazione abbastanza assidua delle milonghe, posso dire di saper riconoscere immediatamente un ottimo ballerino. Uomo. Evviva!
Infatti – non so se capita anche alle altre donne – l’unica cosa che riuscivo a vedere, all’inizio, erano proprio le ballerine: innanzitutto perché sono più belle da vedere, più appariscenti, e poi perché riuscivo a valutare solo loro, facendo paragoni con quello che io conoscevo (ossia solo il ruolo femminile). Ora invece riesco a individuare i bravi ballerini dalla loro postura, da come si muovono in pista, da come appoggiano i piedi, da come si comportano con le loro compagne... e li scelgo. Li guardo, cerco di farmi guardare... Molte volte, devo dire, la mirada funziona. Certo, magari a fine serata, quando rimangono solo gli irriducibili e tutti hanno ballato con tutte, e quindi non c’è pericolo di fare torti alle amiche o alle conoscenti; a fine serata, quando perfino gli uomini decidono che possono osare (piccola nota polemica, scusate) e invitare una ballerina nuova, che chissà come balla, o magari l’hanno vista ballare e non è un granché, ma tanto si è a fine serata, e tutto è possibile. Perfino che una tanguera in erba come me balli con un super tanguero di tantissima esperienza e bravura, o magari con più d’uno...
Perché sì, lo posso dire con orgoglio: avrei un certo buon gusto, nello scegliermi i compagni di tanda.