sabato 30 giugno 2012

Parigi non è un posto per Balbutiant!

Mi scuso per la latitanza, ma sono giorni intensi di viaggi: ora sono a Parigi. Non ho mai tempo di mettermi davanti al computer, c’è sempre qualcos’altro da fare! Nelle mie peregrinazioni tanguere (neanche tante, comunque, visto che i piedi dopo un giorno di turismo non ne vogliono proprio sapere di ballare) sono andata in una milonga ‘nuova’. Nuova tra virgolette, perché in realtà qui hanno l’usanza di cambiare il nome alla milonga in base al giorno e non solo in base al luogo, e quindi Le Balbutiant, il giovedì, occupa lo stesso spazio fisico di Le Chantier, il sabato: una sala abbastanza grande per gli standard parigini (e infatti si trova un po’ fuori le mura, a Montreuil, fermata della metro 9, Croix de Chavaux). Credo che cambino anche leggermente gli organizzatori, oltre all’orario, che è perfetto per chi deve andare a lavorare presto il giorno dopo: dalle 6 del pomeriggio all’una del mattino.
Le Balbutiant è relativamente giovane (un anno o poco più) ed è nata con l’obiettivo di permettere a tutti, anche ai balbuzienti, di ballare in libertà e senza timore. Il problema, a Parigi, non è da sottovalutare: le dinamiche in milonga sono molto diverse dall’Italia, i parigini sono molto chiusi e abituati a ballare sempre con le stesse persone. I principianti, o semplicemente le facce nuove, fanno una fatica enorme a invitare e essere invitati: quasi nessuno usa la mirada, e in generale c’è una grande diffidenza (o senso di superiorità?) nei confronti delle ‘novità’. Questa situazione è portata all’ennesima potenza proprio allo Chantier, dove sconsiglio vivamente di andare a chiunque non abbia almeno 3 anni di tango alle spalle: farebbe da tappezzeria tutta la sera.
Le Balbutiant, però, mi ha dato comunque l’idea di un ambiente elitario: il problema a Parigi non è la filosofia di base che anima una milonga, che può essere la più ammirevole del mondo, ma la gente che la frequenta. Purtroppo, i ballerini sono sempre – più o meno – gli stessi che frequentano Le Chantier: e quindi è difficile ballare, anche se l’atmosfera è potenzialmente conviviale (c’è la possibilità di mangiare qualcosa sul posto, a prezzi abbastanza contenuti). Armatevi di sorrisi e buona volontà e cercate di attaccare bottone puntando sull’accento italiano, che è considerato « très sexy ». Io ho sfruttato la semifinale dell’Italia con la Germania e ho continuato a chiedere in giro chi stava vincendo, ha funzionato!
Tenete presente anche che, nonostante la milonga cominci molto presto, la sala comincia a riempirsi intorno alle 8 e  mezza, 9; inoltre il fatto che duri così tanto fa sì che tutti se la prendano molto con comodo, non c’è urgenza di ballare o di invitare, « tanto c’è tempo »...
Nota negativissima, ma a Parigi bisogna farci il callo: la musica era pessima, il musicalizador improvvisato, niente tandas strutturate, aiuto! Nota positiva, per finire: alcuni ballerini erano proprio bravi, un vero spasso! Meritava andarci anche solo per l’ultima pseudotanda con il tipo bretone.

martedì 26 giugno 2012

Il Fato è una macchina con gli sponsor. E la Sfiga un vestito rosa.

Questo sarà un post anomalo, lo premetto. E lo prometto, visto che sono in vena di idioti giochi di parole. Perché non parlerò esclusivamente di tango, ma anche di vestiti, e soprattutto di Sfiga.
Infatti, se una giornata comincia male, tutti sanno (Murphy per primo) che finirà peggio. Ebbene, venerdì era una di quelle giornate. È cominciata in modo terrificante: non ho ricevuto la mia dose quotidiana di coccole. E è proseguita peggio, con malori da nobildonna tardo-ottocentesca (solo che io non porto il corsetto), ciclopici lavori stradali e conseguenti ritardi di tutti i mezzi pubblici, anche quelli che non passano per quella strada, nonché inopinate visioni di persone dimenticate da anni – e se erano dimenticate, un motivo c’era...
Insomma, speravo di risollevare il tutto con una bella serata di tango. L’avevo pianificata dal giorno prima: avevo convinto l’Omino, sempre riluttante (in effetti l’avevo bellamente ricattato, ma che resti tra di noi), avevo programmato di andare a prendere un’amica, la trasferta era verso una bella milonga, doveva andare tutto bene!
E invece, ho avuto la sciagurata idea di mettere quel vestito. Molto carino, tra l’altro: con una gonna corta rosa piena di frufrù, come piace alla me vaporosa e vaga, ma anche a quella sexy che con il tacco alto fa la sua figura. Look approvato anche dall’Omino.
Oh infame destino, tragiche sciagure, numi avversi dell’Olimpo! Oh, giammai lo avessi indossato! Ma non potevo ancora saperlo. Per cui ho acceso la macchina (dell’Omino) e mi sono avviata ignara.
Recuperata l’amica, tutto sembrava procedere per il meglio. Ma non avevo fatto i conti con il Fato, che si è presentato sotto forma di una macchina di quelle con gli sponsor che seguono i ciclisti. E mi ha tamponata. Stock! Non ci volevo credere! La mia serata minuziosamente programmata! La mia meravigliosa serata di tango con l’Omino più rassegnato che ricalcitrante e la mia amica che non vedevo da una vita!
Non ci volevo credere anche perché ho avuto un fortissimo déjà vu. Due anni fa, sulla stessa strada ma esattamente dieci metri più avanti, sono stata tamponata (ma non guidavo io!!! Ci tengo a precisarlo, per i soliti malfidenti), gli unici due tamponamenti della mia vita! E – cosa ancora più inquietante – portavo lo stesso identico vestito, rosa coi frufrù.
Ergo, ho deciso che alla prima occasione, non appena ne avrò una, lo regalerò alla mia peggior nemica. Sperando che abbia la mia stessa taglia.

Epilogo (lo so che lo state aspettando)
Nessuno si è fatto niente, a parte la povera macchina dell’Omino, che da quando mi frequenta ha subìto più sciagure di qualunque altro mezzo a motore sull’intero orbo terracqueo. E sì, alla fine sono andata a ballare lo stesso: anche se con il colpo della strega non ero proprio scioltissima, avevo una postura invidiabile.

lunedì 18 giugno 2012

Quando il tango è una vecchia ciabatta...

Capita, a volte, che un ballerino con il quale ti trovi molto bene scompaia dalle milonghe abituali. Lo consideri un irriducibile, dato che lo trovi in giro minimo due  volte alla settimana, e da un giorno all’altro ti sparisce. Basta, più, nada de nada, nessuna notizia, svanito come sotto il mantello dell’invisibilità di Harry Potter.
Se lo conosci, puoi chiedergli, dopo qualche mese, come va, come mai non si vede più: sarà  per la famiglia, un nuovo hobby, un figlio. Ma ogni tanto è uno sconosciuto, e allora – ve lo giuro, io di solito non sono catastrofista ma mi è capitato di pensarlo – ti chiedi se magari non sia morto, oddio, chi lo sa, magari è stato investito proprio uscendo da una milonga!
Per fortuna, però, ogni tanto i ballerini ritornano. Una sera, ed è tutto così normale, niente preavvisi, te li ritrovi in pista, come nulla fosse successo. Sono passati magari anni, e loro sono ancora lì, la solita camicia di lino bianca, la solita postura elegante, la solita espressione gentile. Ti salutano, ti sorridono, ti invitano, come nulla fosse successo.
Ti viene perfino il dubbio di essertela sognata, quell’assenza.
E quando rispondi alla loro mirada, quando riscopri il loro abbraccio, il tango con loro è come una vecchia ciabatta: comodissima, morbida, come se ti avessero sempre aspettato, e invece capisci quella che li ha aspettati, magari per anni, sei stata tu.

martedì 12 giugno 2012

Che Amusement ballare il tango a Padova!

Visto che il post sulla milonga delle quais a Parigi si può considerare una specie di recensione, ho pensato: perché non continuare? Quante volte, prima di entrare in una milonga sconosciuta, mi sono chiesta: «Ne varrà la pena?». E quindi, ecco i miei personali consigli sulle milonghe che conosco, frequento o ho frequentato almeno una volta.
Ho deciso, per incominciare, di stare sul classico: chi non conosce, infatti, l’Amusement di Padova? È una delle milonghe più grandi del Triveneto. Ci si balla, principalmente, di venerdì (salvo festival o lezioni varie). Chi ci va per la prima volta studi bene il percorso: è un po’ fuori mano, e è facile perdersi per le stradine della campagna padovana (io, almeno, lo faccio ogni volta)!
La sua particolarità è che sta sopra una sala da bowling (che comunque di venerdì non è mai in funzione, a mia memoria), che si attraversa per andare a... incipriarsi il naso. E quindi, di sopra atmosfere da balera anni Quaranta, di sotto luci al neon anni Ottanta: un vero e proprio viaggio nel tempo!
Si incomincia a ballare abbastanza tardi: sconsiglio di arrivare prima delle 10 e mezza, perché non c’è nessuno; poi gli irriducibili vanno avanti anche fino alle 3 del mattino.
La cosa veramente bella di questa milonga, abbastanza rara da trovare in zona, è la possibilità di incontrare sempre gente nuova: ci sono ballerini che, sfruttando la relativa ‘vicinanza’ a Padova, si spostano dall’Emilia Romagna, dal Friuli, dalla Lombardia. Per questo motivo, non è difficile ballare: ci sono, sì, i ‘clan’ che ballano solo tra di loro, o i ‘capetti’ che vorrebbero fare il bello e il cattivo tempo per meri motivi di anzianità, ma il fenomeno è abbastanza circoscritto: qui regnano curiosità e apertura.
Tutte le ballerine che abbiano un minimo di iniziativa riescono a ballare, e ogni sera c’è qualche bella sorpresa, qualche tanguero bravo che non si è mai visto e ti invita. Anche perché in questa milonga mirada e cabeceo funzionano! Consiglio a tutti di provare.
La selezione della musica, in linea con quello che capita un po’ in tutto il Veneto, è generalmente curata, e classica. Anche lo stile che va per la maggiore è il milonguero, con qualche irriducibile del tango salon. Il tango nuevo non si vede praticamente mai (e, nel caso, è ballato male).

giovedì 7 giugno 2012

Un po' di vocabolario (2)


estilo milonguero Il tango (v. voce) viene ballato in molti modi diversi, detti ‘stili’. Lo stile milonguero è quello più tradizionale, o almeno quello che più si rifà alla tradizione, musicale e non solo. Insomma, in un certo senso è il più ‘filologico’. È caratterizzato dall’abbraccio chiuso (v. voce abbraccio), il che limita in un certo senso i movimenti, consentendo però un contatto particolarmente intimo con il partner, al quale ci si appoggia con tutta la parte superiore del busto. I movimenti sono generalmente molto misurati, raramente le gambe sono sollevate da terra: è un modo di ballare sinuoso e elegante, intimista. Viene data una grandissima attenzione alla musica, che è soprattutto quella delle orchestre ‘classiche’ degli anni Quaranta.

estilo salon (anche tango salon) – Lo stile salon viene ballato con un abbraccio aperto o semiaperto (v. voce abbraccio), in modo da consentire movimenti abbastanza ampi e fluidi, senza imporre ai ballerini una vicinanza fisica prolungata. Coreografico e d’effetto, è lo stile più diffuso in Europa, dove per cultura è difficile avere un profondo contatto fisico con partner che spesso non si conoscono neppure.

mirada – Letteralmente, è lo sguardo che i ballerini si scambiano per scegliersi prima di una tanda (v. voce). Viene seguita dal cabeceo (v. voce), il cenno del capo che costituisce la conferma da parte di entrambi i ballerini di voler danzare insieme.

musicalizador – È il dj del tango, detto anche tj (raro): colui che mette la musica. E mettere la musica è un’arte, con precise regole da seguire. Costruire una tanda (v. voce) e quindi una serata è un affare delicatissimo. Figura fondamentale in Argentina, piuttosto importante in Italia, in alcuni posti (ad esempio in Belgio, ma anche in molte milonghe parigine) è assolutamente sottovalutato, e sostituito da cd e compilation artigianali. Inutile dire che gli effetti (disastrosi) di questa incuria si vedono eccome!

tanda – È l’insieme di tanghi, milonghe o vals (v. voci) che costituisce un nucleo organico per tipologia, autore, epoca, stile. Le varie tandas vengono separate da una cortina (v. voce), e vengono ballate dalla stessa coppia di ballerini, dall’inizio alla fine (salvo incidenti...). Solitamente, i brani che compongono una tanda di milonghe sono tre, quelli che ne compongono una di tanghi o di vals sono quattro (ma possono essere anche tre); questo perché le milonghe sono fisicamente più impegnative degli altri due. La successione tipica delle tande è questa: tanghi – tanghi – milonghe – tanghi – tanghi – vals, ma si possono trovare musicalizadores (v. voce) che preferiscono lo schema: tanghi – milonghe – tanghi – vals.

tango nuevo – È uno stile di ballo e un tipo di musica. Il primo è molto giovane: risale agli anni Novanta; nato a Buenos Aires, si è diffuso particolarmente a Parigi. Caratterizzato da una grandissima fluidità e da frequenti cambi di direzione, i ballerini che scelgono il tango nuevo danzano quasi senza abbraccio, distanti e, in un certo senso, complementari e contrapposti. La musica nueva nasce ben prima del ballo, dalle contaminazioni di Astor Piazzolla. Oggi è particolarmente diffuso l’uso di strumenti e sintetizzatori elettronici.

lunedì 4 giugno 2012

Che bello, ho male ai piedi!

Una delle cose più belle del tango è il male ai piedi. Sembra un controsenso, eppure è così: gli sportivi mi capiranno – anche i maratoneti affermano di sentirsi bene dopo 42 chilometri di corsa. Contano le endorfine ma la questione è anche psicologica. Il male ai piedi del tango è la dimostrazione che la serata è andata bene, perché chi resta seduto tutta la sera non ha certo male, e quel dolore che si irradia dalle piante e si diffonde in tutto il corpo è la prova tangibile che si ha ballato, e tanto, e quindi bene. Infatti, nessuno balla tanto se non si trova bene in una milonga, perché o se ne torna a casa presto o se ne sta seduto a guardare gli altri, maledicendo la propria mala sorte.
Il male ai piedi è una specie di trofeo soprattutto per le donne, che lo esibiscono con orgoglio alle amiche-rivali, le altre ballerine. Più male hanno, e più successo hanno avuto la tal serata.
Il mal di piedi della tanguera, poi, non è lo stesso che può capitare dopo una serata con le scarpe sbagliate, quelle che ti segano le dita e ti riempiono di vesciche ovunque, perché le scarpe da tango sono come delle ciabatte, tacco a parte. I piedi, quindi, dopo una bella serata non sono feriti e malconci, sono semplicemente stanchi. Le endorfine emesse dal proprio corpo che balla felice, del resto, aiutano a sopportare il dolore.
A me è capitato di sfiorare il nirvana, l’illuminazione, durante qualche ultima tanda (tipo alle 8 del mattino, e ballavo dalla mezzanotte). Perché ormai il dolore è assoluto, i piedi vanno da soli, la priorità non sono più gli adornos ma non stramazzare a terra, il cervello è scollegato e la coscienza può intuire vette di saggezza.
Il male ai piedi, infine, è una delle scuse più gettonate per rifiutare un invito. Io però la sconsiglio: intanto, oramai gli uomini non ci credono più, e poi, quando invece è la verità – un po’ come lo scherzo del pastore di Esopo –, valli a convincere che vuoi davvero ballare con loro la prossima tanda, è solo che ora stai praticamente svenendo nelle tue scarpette tacco 10! Io, vi giuro, ho inseguito un ballerino che mi aveva invitato nel momento sbagliato – quando ero appena crollata su un divanetto perdendo praticamente conoscenza – per tutta la sera, cercando di convincerlo che non era una scusa, la mia. Poi alla fine ha ceduto e mi ha invitata, ma che fatica.

domenica 3 giugno 2012

venerdì 1 giugno 2012

Paris, un amour de tango! - Ballare sulle quais

A Parigi d’estate si può ballare in un posto assolutamente magico. Sulle quais (le rive) della Senna, vicino alla Bibliothèque nationale, ci sono dei piccoli anfiteatri: uno di questi viene monopolizzato dai tangueros parigini, e dalle 8 a mezzanotte, tutte le sere, si balla sulla musica di un vecchio lettore cd. Ovviamente niente tandas  cortinas, è già tanto avere la musica! Ma è un'esperienza assolutamente da fare, tenendo conto di alcune cose.
Piedi parigini che ballano il tango...
Infatti capita spesso che ci siano dei problemi... si scaricano le batterie, non c'è abbastanza luce, oppure arrivano i flics, i poliziotti, che passano sistematicamente e fanno spegnere tutto se non ci sono le debite autorizzazioni. L’anno scorso ci sono voluti mesi, perché ne servivano tre, emesse da tre enti diversi: non per niente la parola burocrazia viene dal francese! Allora capita che tutta la gente radunata – si parla di anche un centinaio di persone, a volte – non abbia voglia di tornarsene a casa: l’aria è frizzante, l’atmosfera vivace, non si può certo abbandonare tutto alle 10 di sera!
Allora chi ha un ipod, un lettore mp3, qualsiasi cosa che possa produrre musica, la tira fuori e si mette a ballare. Ogni coppia un auricolare. Ogni coppia una musica diversa.
E allora scoppia il delirio: si vedono coppie che ballano forsannate milonghe a fianco di altre che si avvinghiano appassionatamente (forse ascoltano Pugliese?), a fianco di altre che volteggiano su presumibili tanghi nuevi, una vera e propria anarchia musicale, che però si può solo vedere e non sentire... una cosa assolutamente destabilizzante! 
Chi ha già ballato a Parigi, mi potrà ribattere polemicamente: “E non è quello che capita normalmente nelle milonghe francesi?”. In effetti, un po’ sì. Le milonghe della ville lumière non sono certo celebri per l’ordine e il rispetto della pista e delle tradizioni dei loro ballerini. Ma in questo caso quello che si vede è davvero assurdo! E – devo dirlo – molto lontano dallo spirito del tango, almeno come lo intendo io, comunitario e sociale.
In ogni caso, a chiunque ha intenzione di andare a Parigi d’estate consiglio una passeggiata serale sulle quais, anche a chi non balla. La vista su Notre Dame è splendida, e si può assistere a concerti improvvisati di musiche tradizionali, salsa, tango... tutto très parisien!