lunedì 16 gennaio 2017

Tango in scatola: un libro che avrei voluto scrivere io

Ma l'ha già fatto Vanna Gasparini. 

Al mio posto. Prima di me. Purtroppo e per fortuna. Purtroppo, perché Tango in scatola. Manuale tattico culinario di sopravvivenza tanghera, Edizioni Il Fiorino, è uno di quei libri fortunati, benedetti da una vena comica felice e leggerissima. Talmente perfetto che lo avrei voluto scrivere io (e quindi rosico un po')!
Per fortuna, perché non ho mai riso tanto, leggendo di tango: da lacrime agli occhi. E sfatiamoli, i cliché di questo ballo! Che non è solo dramma, passione e cupa sensualità, ma anche divertimento, ironia e autoironia.

L'autrice è riuscita nella non facile impresa di scrivere un libro sul tango che è un vero spasso, parola di tanguera. Divertente per chiunque, ma tanto più godibile da parte di chi questo ambiente lo frequenta, lo conosce, lo ama (e un po' lo odia).

Quaranta capitoli brevi, fulminei, che sono ritratti di personaggi e situazioni tipiche: impossibile non essercisi imbattuti almeno una volta, impossibile non averle vissute in prima persona.
E, mentre si legge Tango in scatola, impossibile non ridere: noi li conosciamo, questi tipi, sappiamo che facce hanno. Le milonghe ne sono piene, ci abbiamo ballato insieme oppure abbiamo desiderato farlo, e probabilmente (se abbiamo un minimo di autoironia) ci riconosciamo in qualcuno di loro.
Per esempio, Quelle belle. Oppure Quelle brave. O ancora, le peggiori di tutte, Quelle belle, giovani bravissime, molto dotate, morbide, con delle linee perfette, le scarpe originali, l'abito elegante, i capelli lunghi e curati, la postura perfetta, alte e slanciate: «NO COMMENT», (appunto). Ma anche Quelli che ballano tutta la sera con la moglie degli altri, Il Maratoneta, Il Difficile e il suo contraltare, Quello di bocca buona.
Se questi titoli vi fanno risuonare un campanello, siete pronti per Tango in scatola.

giovedì 16 giugno 2016

Tango Sensibile: vi racconto la mia esperienza

Lo scorso 8 maggio ho passato una domenica piuttosto originale. Ho fatto parte del cast per le riprese del nuovo video sul Tangosensibile, esperienza molto interessante. Avevo già partecipato a due seminari sul tango sensibile e questa volta mi sono messo in gioco insieme ad altri di fronte alle telecamere.

Siamo arrivati carichi, con molte domande e un po’ di sfrigolio nello stomaco. Non sapevamo chi avremmo incontrato o cosa avremmo fatto di preciso, ma avendo già partecipato ad altri seminari eravamo certi che ne saremmo usciti arricchiti e con nuove consapevolezze.

Dario ci aveva solo anticipato che ci sarebbero stati momenti a terra, momenti di connessione senza contatto, momenti in cui ci si guarda, ci si sfiora, momenti in cui ci si porge la mano, momenti in cui si danza ad occhi aperti e ad occhi chiusi... momenti in cui si gioca con la musica e una novità assoluta: momenti in cui si gioca con il colore! Da sperimentare per la prima volta con noi. E vai!

Una sessione di Tangosensibile
Foto di Tangosensibile™, Associazione Culturale Essentia

mercoledì 11 maggio 2016

Come non farsi rifiutare da una donna in milonga

Care amiche, ma soprattutto cari amici, eccomi qui con il post gemello di Come farsi invitare da un uomo in milonga, che tanto vi è piaciuto (grazie!!!).

Ve l'avevo promesso, e quindi vi offro il mio punto di vista cinico e femminile (in effetti, questi due termini potrebbero essere sinonimi) sui motivi che portano una donna a rifiutare un invito in milonga e su come fare per evitare che succeda. Eh sì, perché noi ci lamentiamo tanto che non balliamo abbastanza ma ci concediamo comunque il lusso, ogni tanto, di dire di no.

Ma analizziamo bene il fenomeno, a partire dal perché una donna rifiuta un invito. Ovviamente, come al solito, parto dalla mia esperienza personale e poi la allargo a quella delle mie amiche, per cui sentitevi pure liberi di dissentire: non mi offenderò.
Secondo me, i motivi principali sono questi quattro:

  • perché ha male ai piedi
  • perché sta cercando di invitare con la mirada un altro ballerino
  • perché non le piacete (abbastanza)
  • perché capisce di essere una seconda scelta


Tanguera che non balla in milonga
Milonga, foto di Ioiez Deniel, su licenza CC BY

giovedì 7 aprile 2016

Io e il tango (ovvero: Una storia d'amore)

Un'altra ospite nel mio blog: è Giovanna Bettio. Qualcuno di voi forse ci ha ballato insieme in milonga, di cui è un'assidua frequentatrice. Qui ci racconta la sua storia d'amore con il tango, cominciata ormai qualche anno fa...
Leggiamola insieme.


Come ci siamo conosciuti

È ironica e felice l’amica e autrice di questo blog che mi ospita con un post semi-serio. L’ho conosciuta ormai quattro anni fa per lavoro e mi ha convinto in poche mosse a iscrivermi a un corso di tango. Mi piaceva la musica che mi faceva spesso ascoltare tra un comunicato stampa e l’altro. Mi piaceva sentirla parlare di quello che la emozionava del tango, mi piaceva vederla camminare. Così ci ho provato: per gioco mi sono iscritta a un corso per principianti.

I miei obiettivi?


  1. Riconciliarmi con il genere maschile, 
  2. andare oltre la mia zona di confort
  3. guardarmi nel profondo e, magari, migliorarmi.

Giovanna Bettio sorride in milonga
Il sorriso di Giovanna, foto di Juliet Astafan.

Com'è nato l'amore

Incredula di mettere un passo dietro l’altro, oggi ballo tango da tre anni e cerco di non lasciar passare troppo tempo tra una tanda e un’altra. Il tango è diventato quasi come la meditazione: corpo e mente, se viaggiano assieme, ti fanno percepire il sublime piacere dell’essere presenti e disponibili a vivere le emozioni che accadono in quel momento preciso. Dunque, che dire: sì, le mie aspettative sono state sicuramente rispettate... Ma vediamo come, punto per punto.

1. Riconciliarmi con il genere maschile

Ebbene sì, in quel momento della mia vita avevo bisogno di riconciliarmi con gli uomini. Questo  è successo, naturalmente nel tempo, grazie all’abbraccio.
All’inizio ero arrabbiata, molto. Mi ero fatta rubare l’anima in pochi mesi con una storia sbagliata e, con il tango, grazie al linguaggio del corpo, potevo finalmente dare fiducia e affidarmi; ma che fatica!

Ogni tanda è diversa perché siamo diversi noi stessi e il ballerino/a cui ci concediamo. C'è la tanda simpatica, la tanda imbarazzante, c’è quella emozionante, c’è quella rassicurante... e quella che ti mette alla prova (penso a un ballerino che ha molta padronanza della tecnica mentre magari voi non ne avete ancora), e ci siamo noi e lui con le nostre mille sfumature. Entrambi dovremmo unicamente desiderare di volerci rilassare nella musica. È il bello del tango e della vita, l’imperfetto!

A meno che non si tratti di un uomo che ha ballato tutta la sera e ha dimenticato un cambio di camicia a casa, non c’è alcun motivo per non farsi prendere da un abbraccio di cuore se vi affidate a chi sta di fronte a voi!
Se non lo conoscete e vi sentite messe alla prova, il mio consiglio è: concentratevi prima sul ritmo e, se nel frattempo riuscite a sentirvi rilassati, sulla melodia, se riuscite a entrare in sintonia con il partner.

Abbracciare con il cuore
Un abbraccio di cuore, foto di Sergio Scandiuzzi.

2. Superare la mia zona di comfort

Non posso dire come mi soprannominano le mie amiche di milonga, tra il divertito e l'incredulo. Diciamo che ha a che fare con le pubbliche relazioni. Questo perché - a detta loro - ho successo con i tangueri e riesco a ballare anche in situazioni "difficili"...
Io mi do questa spiegazione: sono dolcezza e empatia a permettermi di fare qualche tanda in più rispetto magari a alcune signore sedute accanto a me, che, pur più belle o brave, a volte non vengono invitate. La fortuna del principiante? Io non credo sia solo questo.
L’attenzione alla milonga, il sorriso (a volte sfacciato) e la voglia di ballare mi hanno spesso aiutato a superare la mia “timidezza” e le mie paranoie.

Ho scoperto che non sono l’unica che fa fatica a relazionarsi nel ballo: molti ballerini (parlo dei maschi perché ne ho avuto riscontro chiacchierando con alcuni di loro) spesso si fanno smascherare nella loro timidezza. A volte mi capita di percepire che sono piacevolmente sorpresi o, semplicemente, che si divertono/stanno bene, nella tanda.
 Da cosa lo capisco? L’espressione felice del viso e il silenzio sono quanto di più bello possa esserci, soprattutto se la timidezza non viene scambiata con l’imbarazzo che ci può essere quando si prova attrazione o voglia di abbandonare la tanda per la pressione emotiva che percepiamo dall’incontro con l’altro.

3. Guardarmi nel profondo (e migliorarmi)

Non mi reputo una gran ballerina e nemmeno mi reputo una “gnocchissima” come se ne vedono spesso in milonga, ma sicuramente non mi piace passare inosservata. Generalmente gli orecchini mi aiutano a non passare inosservata: ne indosso di grandi, dalle forme stravaganti e spesso colorati.
Inizialmente facevo fatica a pensare di indossare qualcosa di diverso da un jeans. Il jeans mi piace e lo porterei anche 6 giorni su 7, indipendentemente dalla situazione! Ma ho capito che in milonga anche l'occhio vuole la sua parte. Quindi, cerco di vestirmi in maniera femminile ma senza volgarità.
Ora cerco di prepararmi come se avessi un appuntamento importante a lavoro o se stessi per uscire con un uomo che mi interessa. Questo aspetto futile ha permesso di valorizzarmi e di scoprirmi carina indipendentemente da come passo agli occhi dell’altro.
Inizialmente mi sentivo osservata da chi rimane seduto, ma ora penso: chissenefrega se sbaglio, non è mica una gara a essere perfetti! Se sbaglio è perché non mi sono fidata e non ho saputo ascoltare come il tango insegna alle donne. Ed è proprio l’ascolto che mi aiuta a migliorarmi: nella vita si tende a accelerare, ma mettere pressione all’altro non aiuta.
Questa in effetti vale anche come regola di coppia!

Che cosa sto imparando dal tango?

Il tango mi è servito per dirmi: “Dai, muoviti, mettiti quella canottiera carina, truccati e esci” nei momenti in cui avrei solo voluto stare a casa in pigiama perché mi sentivo sola, brutta e stanca; il tango mi è servito per dirmi: “Rimettiti un po’ in forma”, quando proprio in forma non lo ero, e a consolidare la consapevolezza in me che si può arrivare alle persone senza per forza doversi conoscere.
Il tango mi ha permesso di rilassarmi, cosa che nella vita quotidiana fatico a fare, di vedere la gente avere voglia di vivere anche a settant’anni.


Che cosa mi emoziona nel tango?

La gratitudine nello sguardo di chi è di fronte a me.
L’emozione dell’abbraccio.
La sensazione che quello che vivi si modifica come tu ti modifichi.



Ringrazio le mogli e le fidanzate dei ballerini con cui ballo non solo perché sanno che il tango è un gioco e che, quindi, in milonga non si deve essere troppo gelose!
Ringrazio gli amici che mi ri-abbracciano volentieri e dedico questo post a un amico recentemente scomparso il quale ha lasciato un piccolo vuoto anche nel mio cuore.



Articolo di Giovanna Bettio.

Chi sono in sette righe e mezza

Digital addicted, empatica, determinata e periodicamente in crisi perché incontentabile. Ho studiato storia dell’arte per diventare marketer, così almeno mi vedo. Grazie alla formazione prima umanistica e poi economica, ho cominciato a interessarmi alla scrittura per il web e ai nuovi media prima per il turismo e poi per le scienze: le persone leggono, si confrontano, accedono a internet ovunque e i social network così come l'acquisto online sono esperienze quotidiane per milioni di persone oramai da qualche anno. Mi sono appassionata al web tanto da specializzarmi in comunicazione digitale e ora organizzo eventi. In valigia ho sempre qualche libro, una reflex e qualche cv di jazz e di indie-rock.