Sono
in vacanza.
Pace, relax, nessun pensiero, finalmente. L’unico problema è che, nella
sperduta valle delle Dolomiti dove mi trovo, di tango argentino non c’è nemmeno l’ombra.
E quindi mi sto attrezzando come posso: tanta
musica da ascoltare e studiare (14 giga, yeah!), libri di tango, la pagina di todotango.com perennemente
aperta...
La teoria però non può bastare, a una
ballerina scatenata come me, e quindi ho trovato un surrogato divertentissimo: le sagre. Infatti, ogni settimana (e
anche più spesso) c’è una meravigliosa e molto caratteristica festa paesana,
ciascun villaggio in (più o meno benevola) competizione con l’altro, in una
rivalità che li spinge a continue gare di originalità e di cucina – per cui,
tra l’altro, mi sto ingozzando con una certa soddisfazione di polenta, pastin,
bóia, formaggio fritto e altre specialità locali, con buona pace della dieta.
Il momento della sagra che preferisco in
assoluto, però, è il tardo pomeriggio, in cui band improbabili dai nomi ancora più improbabili (da Avanzi di balera a Le sprizzanti Iris e Sue
Ellen) animano musicalmente la serata, e arzilli vecchietti si scatenano sulla pista da ballo – generalmente
un 4x4 metri di compensato. Ebbene, i suddetti vecchietti sono davvero arzilli,
e davvero scatenati! Tengono ritmi che io, che ho all’incirca un terzo dei loro
anni, mi posso solo sognare. Ma ci provo, in fondo il ballo liscio è davvero
una banalità, in confronto al tango argentino: per intenderci, è un po’ come Nek
paragonato a Franco Battiato.
Il problema, però, è che, se io sono
dotata dei quantitativi minimi di intuizione, coordinazione e senso del ritmo
necessari a cavarmela in qualche modo in pista, il mio omino no. E quindi mi
trovo a tenere improbabili lezioni di
mazurka, circondata da vecchietti bionici che sorridono sotto i baffi
volteggiando come trottole, scandendo forsennatamente il tempo: « Unò,
duettré, unò, duettré, ma insomma, amore, ma come fai a non sentire il rimo, non
senti che è ternario? Guarda, prima la destra (sinistr, destr) e poi la
sinistra (destr, sinistr), bravo, così, eh no, non devi andare per conto tuo,
senti la musica, la MUSICA! ».
Magari non vinceremo i prossimi
campionati italiani, ma almeno smaltiamo
la polenta e il formaggio fritto.