sabato 17 luglio 2010

Angeli da tango (1) – Il Nonnino della Milonga

1. Il Nonnino della Milonga
grado di sicurezza **
grado di piacevolezza ****

Dicesi Nonnino della Milonga quell’esemplare di ballerino di tango la cui età è palesemente superiore a quella media – pur alta – dei ballerini maschi, e che per simpatia e conformazione fisica non può non ispirare tenerezza e affetto “nipotale”.
Ha i capelli bianchi, gli occhi buoni, un abbraccio che ti ricorda la tua infanzia. Ogni tanto profuma di biscotti e mele cotte alla cannella. Si veste da nonno, con pantaloni lunghi e camicie a quadretti sotto le quali si intravede la provvidenziale maglia della salute, ovviamente di lana, che la moglie lo costringe a mettere per evitare che prenda freddo in mezzo alle correnti d’aria.

Essendo in pensione da una vita, da circa vent’anni dedica metà del suo tempo ai nipoti, e l'altra metà al tango. Almeno due volte alla settimana parte dal paese con la sua Cinquecento (sempre la stessa, da dieci lustri almeno), con al fianco la consorte, che non balla, e che quindi non scende neppure, ma rimane in macchina tutta la sera a lavorare a maglia, stando attenta che non si avvicinino “i malintenzionati”. Il Nonnino invece entra in milonga alle 8 di sera (e del resto, lui cena alle 6 e mezza, per cui le 8 è già tardi): è il primo. Si siede e aspetta.
Quando i primi ballerini arrivano, un paio d’ore dopo, lui è sempre lì, immobile. La proprietaria della milonga gli si è già avvicinata un paio di volte, apostrofandolo simpaticamente: “E allora, signor Nonnino, tutto bene? L’orto? La sua signora? I nipoti?”. In realtà, non è solamente interessata alla sua vita, ma ha escogitato questo semplice espediente per controllare che sia ancora vivo (lo è) e reagisca a semplici stimoli esterni.

Il Nonnino della Milonga, oltre a dedicare almeno un paio di sere alla settimana ad andare in milonga, da tempo immemorabile ormai ogni inverno va a Buenos Aires, dove ha pure dei parenti emigrati all’inizio del XX secolo (così sfugge l’inverno italiano e si gode due estati all’anno). Lì ha perfezionato il suo stile, che però diventa di giorno in giorno più flebile e minimalista, per ovvi motivi anagrafici.
Quando torna dai suoi viaggi, nelle milonghe italiane si trova spaesato, e cerca invano di ricreare il clima delle milonghe argentine. Si guarda perciò intorno cercando mirade in risposta alle sue, ma solitamente rimane deluso. Quando però tu lo “miri” da un capo all’altro della sala, con un sorriso di incoraggiamento a 56 denti, il suo sguardo improvvisamente si illumina: la tua mirada sortisce un effetto migliore di un’operazione alla cataratta. Ti invita, titubante, col capo (è mai possibile che una ragazza così giovane possa essere interessata a ballare con lui?), e tu rispondi entusiasticamente. Allora lui si alza traballando, fa tutto il giro della pista, con educazione e rispetto di quelli che stanno già ballando, e si ferma davanti a te con un sorriso. Allora ti alzi e lo abbracci. E sa di biscotti e di cannella, e tu senti che sta davvero ballando per te e con te: non cerca di farsi notare, non gli interessano gli altri. Esisti solo tu, e tra le braccia di quest’uomo di altri tempi ti senti una principessa.
E non importa se i passi sono sempre gli stessi: ritorni alla base del tango, alla camminata, e ti concentri sulla musica, che lui conosce benissimo.

Non puoi allora fare a meno di pensare a quanto ne guadagnerebbero i tanghi con i ballerini giovani, se anche loro cercassero l’essenziale: la musica, la camminata e te, la donna.

2 commenti:

  1. questo è l'esemplare positivo del nonno-tanguero...ma vogliamo parlare di quello negativo??

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  2. Ah, sì: ho in preparazione un Animale della Milonga apposito! ;) Pessimi, i vecchi laidi.

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